Perché non vuole studiare?

Perchè non vuole studiare? Perchè ogni momento legato allo studio diventa difficile, e devo insistere, e tutto sembra non funzionare?

PREMESSA 1: i concetti che esprimo in questo articolo li ho esposti in modo molto approfondito, con esempi pratici e esercizi, nel mio corso IL SALVAPOMERIGGI, DEDICATO A TUTTI COLORO CHE AFFIANCANO I BAMBINI NEI COMPITI.

PREMESSA 2: per invogliare i bambini a studiare dobbiamo fare prima un grande passo indietro cioè provare a capovolgere l’idea, provare a pensare: ma siamo proprio sicuri che noi dobbiamo spingere i bambini? Noi siamo animali epistemologicamente curiosi, cioè vogliamo sapere il perché delle cose, siamo curiosi di natura, quindi se i ragazzi non mostrano curiosità dobbiamo iniziare a farci delle domande: 

1) ESEMPIO:  io, genitore, ho dato il buon esempio? Grande parte dell’educazione passa attraverso l’osservazione: i bambini ci osservano, i bambini replicano. Voi studiate? Leggete? Oppure, vi ‘infognate’ per degli argomenti che vi interessano e lo dite ai vostri bambini? Perché a volte lo facciamo e non lo verbalizziamo, mentre sarebbero molto utili frasi come: “ah c’è questo argomento! Mi interessa perché mi serve per questo, sì prima era difficile e non lo capivo ma adesso mi ci sono messa un pò e sono contenta perchè lo capisco molto meglio! Cerchiamo di far vedere loro che studiare, leggere, informarsi o appassionarsi ad una qualsiasi materia equivale a far funzionare il cervello, quindi è qualcosa di bello, non di noioso.

2)TRASCENDENZA: ci siamo ricordati di fare guardare i bambini più in là e più avanti? Cioè, abbiamo fatto capire ai npostri bimbi a che cosa serva in verità, studiare? (No, non è ‘laureati e trovati un lavoro’…)
Studiare serve a creare collegamenti , a imparare a pensare, le nozioni non sono una roba da appiccicarci in testa tipo i post it per la verifica perché dobbiamo prendere il voto e poi gli chiediamo la stessa cosa tra due tre giorni e non sanno più niente. Cerchiamo di non ingozzarli ma di incuriosirli, di ingolosirli,  questo significa non dare informazioni complete ai bambini, cioè non fare la lezione pedagogica tipo: “adesso ti spiego la fotosintesi clorofilliana” perché se noi diamo tutto manca il desiderio di completare il pezzo mancante noi siamo fatti per risolvere misteri, enigmi, scovare sorprese e trovare tasselli mancanti.

3) CONNESSIONE. FARE DOMANDE, NON DARE RISPOSTE:  questo è un punto molto difficile:  dobbiamo essere disposti al fatto che forse le cose che si studiano possano servire a delle cose che non sono esattamente quelle che pensavamo noi, cioè dobbiamo essere noi in primis curiose per capire dove portano i processi di pensiero di un bambino o di un ragazzo. Quando noi ci mettiamo in connessione, entriamo in contatto oculare e/o fisico con i nostri figli e siamo disponibili all’ascolto, e se entriamo in connessione anche con la materia che dobbiamo supportare, in qualche modo troviamo per forza qualcosa di bello, di interessante,  di collegato a qualcosa di più grande ❤ 

Curiosità: 


Reuven Feuerstein diceva che esistono domande ‘socratiche’ e domande ‘talmudiche’: le domande socratiche cercano di condurre l’interlocutore dove vogliamo noi, quelle talmudiche sono domande reali che presuppongono che chi le formula si metta esso stesso in discussione: “Dopo che ha assimilato il testo talmudico, lo studente è tenuto a formulare – a se stesso o ad altri – domande sul materiale studiato, a sollevare dubbi, ad avanzare riserve: e questo è il metodo di studio. Da questo punto di vista il Talmud è forse l’unico libro sacro in qualsiasi cultura al mondo che consente e perfino incoraggia domande e contestazioni da parte di quegli stessi che gli attribuiscono il carattere di santità” (Cos’è il Talmùd, Giuntina 2004, p. 22).
siete disposti a fare domande talmudiche?
Vi porteranno in spazi inesplorati 🙂 
Per approfondire:

Laniado, N. (2018). Come stimolare giorno per giorno l’intelligenza dei vostri bambini. IL CASTELLO SRL.

Laniado, N. (2002). Come insegnare l’intelligenza ai vostri bambini. RED-Studio redazionale.


CONCLUDO CON UNA CITAZIONE DA UN LIBRO CHE VI HO MESSO IN BIBLIOGRAFIA E VI CONSIGLIO FORTEMENTE!!


(Bambino di fronte ad un lombrico) «Tu, che cosa pensi che sia?». «Non lo so», risponderà probabilmente Sergio. Ma non scoraggiamoci. Sta a noi, ogniqualvolta si arriva a un vicolo cieco, rilanciare la ricerca: «A che cosa pensi che assomigli?». «A un pennarello!». È una risposta che spiazza: saremmo tentati di rispondere con un: «Ma va!». Invece, qualsiasi risposta, per assurda che possa apparire, non va snobbata. Chiediamogli il perché, e sapremo che c’è una buona ragione che giustifica la somiglianza. «Ha la punta come quella di un pennarello», spiega Sergio. «Allora, lo puoi prendere e portarlo a casa per fare i disegni?». «Nooo!» protesta Sergio. «Però sarebbe buffo avere l’astuccio dei pennarelli pieno di vermicelli colorati!» rilancia la mamma, e Sergio inizia a fantasticare…

Laniado, Nessia . Come stimolare giorno per giorno l’intelligenza dei vostri bambini (Italian Edition) . Red!. 

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