No, non avete sbagliato blog 🙂
Il titolo “arboricolo” di oggi mi serve per ampliare il discorso delle aspettative, accennato nei commenti del post precedente, ed integrarlo con qualche riflessione in più.
Ci sono cose che i sacri testi (seppur importantissimi) di psicologia non spiegano, e che si imparano sul campo, lavorando con i bambini e diventando a propria volta genitori.
Una di queste è l’argomento del post di oggi.
In contrasto con ogni legge della riproduzione vegetativa, fra genitori e figli umani accade una strana magìa: una mamma melo incontra un papà melo, insieme arano il terreno, lo innaffiano e lo preparano…fanno la loro bella semina con piccoli semi di melo..inconfondibili, lucidi, a forma di goccia…attendono et….voilà, ecco che spunta un bel ciliegio!
Ovvio sbalordimento e sorpresa.
Alcuni genitori hanno più facilità ad accettare questo bizzarro incantesimo di trasfigurazione, forse per carattere, o forse perché sono essi stessi una coppia di alberi differenti e quindi non vivono la diversità in modo eccessivamente estraniante..stanno lì a osservare le foglie spuntare, vedono i fiori di colore diverso da quelli che si aspettavano, sono perfino orgogliosi perché -wow, questo alberello, che bei fiori e che bei frutti che ha-.
Altri genitori invece, sono completamente impreparati ad accogliere un ciliegio in una famiglia di meli. Sono meli da generazioni. Producono ottime mele. Magari hanno già altri figli meli. Quindi è comprensibile la loro reazione…cercano di potare le foglie a forma di melo, fanno tutto quello che si fa con i meli, addirittura tagliano via le ciliegie appena spuntate, semplicemente perché non le riconoscono, causando disagi al povero alberello…la colpa non è di nessuno, ma le cose non quadrano…e nessuno sta bene, emergono sintomi psicologici, problemi di varia natura e tanta rabbia da ambo le parti.
I genitori arrivano in consultazione “portando” in studio un bambino o un ragazzo, e chiedendo implicitamente (a volte nemmeno tanto) alla psicologa “fammelo diventare un melo!”
Quando mi accorgo che nella famiglia sta succedendo questo, devo lavorare con i genitori sul rendere consapevole tale domanda, ed esplicitare le aspettative mancate ed il relativo senso di frustrazione e fallimento, altrimenti si rischia di non comprendere il vero obiettivo della terapia: uno psicologo lavora sempre per aiutare l’individuo a sviluppare al meglio le proprie potenzialità (in questo caso quindi dovrebbe aiutare il bambino/ragazzo a diventare un ciliegio, andando esattamente nella direzione opposta rispetto al mandato dei genitori.).
Per fare un lavoro utile e produttivo occorre quindi sapersi alleare con entrambi gli attori in campo (bambino e genitori), attivando un’importante funzione chiamata IDENTIFICAZIONE MULTIPLA (ne parlerò ancora).
Una cosa che aiuta molto a non sentire un senso di estraneità e rassicura i genitori, è porre l’attenzione sul fatto che è vero che un figlio può essere un albero diverso da quello atteso, ma la terra su cui germoglia è comunque sempre quella della famiglia. Questo aiuta a sviluppare la fiducia nel fatto che i valori fondamentali vengano trasmessi e che ci saranno bei frutti, frutti validi, frutti importanti, di qualunque genere essi siano.
Pertanto, se vostro figlio/a vi sembra sviluppare delle foglie strane e poco riconoscibili, armatevi di pazienza, curiosità, e di un buon manuale di botanica….se spunta un albero davvero insolito o esotico e proprio non riuscite a sintonizzarvi, non vi capite, e questo genera distanza e sofferenza, non abbiate timore di consultare uno specialista. (In psicologia, non in agraria!) 😉
Argomento molto interessante. Mi piacerebbe avere un suo parere ed eventuali suggerimenti riguardo alle dinamiche che potrebbero instaurarsi nelle famiglie in cui un fratello rispetta le aspettative dei genitori e l’altro no. Grazie
Benvenuta Mammukka 🙂
Ciò che Lei descrive accade molto spesso, quando ci sono più figli.
La cosa importante è esserne consapevoli! Si può provare a fare un passo indietro e osservare il figlio “diverso” da sè, provando a guardare i suoi comportamenti e a rendersi conto di quali siano quelli che infastidiscono maggiormente.
Faccio un esempio pratico: immaginiamo una mamma-melo poco incline alla lagna alla quale sia “spuntato” un bambino-ciliegio molto lagnoso..immaginiamo che il bambino, in un momento di difficoltà, si rivolga alla mamma e le dica piagnucolando: “mamma, ma io non riesco a fare questa cosa!!”. La mamma, irritata dal tono completamente dissonante col suo modo di essere, tenderà ad IGNORARE o lasciar cadere la richiesta di aiuto del bambino, e fornirà una risposta più o meno seccata: “arrangiati! Sei sempre qui che ti lamenti!”., ma comunque INEFFICACE: il bambino non sa come si fa ad “arrangiarsi” (se no non si sarebbe rivolto al genitore), non ha ottenuto alcuna risposta utile alla sua domanda, pertanto a breve tornerà nuovamente a chiedere aiuto (e quindi a lagnarsi!). Essere consapevole del proprio fastidio legato alla lagna, potrebbe invece consentire a quella stessa mamma di fare la “tara” e a concentrarsi sulla richiesta REALE del bambino, al netto della modaliità con la quale è stata espressa.Che ne pensa?
La ringrazio per la risposta e le sottopongo un altro quesito.
Come gestire il caso in cui in famiglia ci siano due fratelli uno brillante a scuola, l’altro con scarsi risultati? Come gestire il confronto?
Eccomi Mammukka!!
La cosa da tenere presente è che c’è sempre una tendenza alla “polarizzazione”, quindi a definire i due figli in modo sempre più stigmatizzato (“quello brillante a scuola”). Consiglio di fare attenzione ad ogni commento che va in questa direzione, e supportare invece il figlio meno bravo con frasi che sottolineino le sue capacità..i figli “diventano” ciò che noi anticipiamo con sguardi e parole..se ci aspettiamo che ormai il bambino non riesca bene a scuola, questo accadrà quasi certamente. Ovviamente è possibile fare questo solo dopo aver escluso che le difficoltà scolastiche dipendano da fattori quali un disturbo specifico di apprendimento o altro (es bambino che ha problemi di vista e non riesce a leggere bene).
E’ possibile che invece succeda esattamente l’opposto? Ossia che la mamma-melo sia più esigente/severa/irritabile con il figlio-melo proprio perché rivede se stessa e caratteristiche che forse sono ancora oggetto di disagi irrisolti della mamma? A me capita di essere molto più tollerante con mio figlio-ciliegio rispetto a mio figlio-melo in cui mi riconosco di più. Cosa suggerisce in questo caso?
Buongiorno Silvia,
il caso da Lei descritto può accadere, ed io lo considero un’indicazione privilegiata per un lavoro di supporto fatto con il genitore, anzichè col figlio. Si lavora col genitore, anche sulla sua storia familiare e personale, in modo non generico ma mirato, al fine di aiutarlo a differenziare le sue componenti personali da quelle del figlio.