“E una donna che reggeva un bambino al seno disse:
Parlaci dei Figli.
E lui disse:
I vostri figli non sono figli vostri.
(….)
Voi site gli archi da cui i figli, come frecce vive, sono scoccate in avanti.
L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito, e vi tende con forza affinché le sue frecce vadano rapide e lontane.
Affidatevi con gioia alla mano dell’Arciere;
Poiché come ama il volo della freccia così ama la fermezza dell’arco.”
La celebre poesia di Gibran, nella quale i figli vengono paragonati a frecce, ci serve per introdurre il tema del post di oggi, ovvero la correlazione fra stile educativo genitoriale e autonomia.
Per sviscerarlo, voglio raccontarvi due episodi:
1- Vado a riprendere mio figlio al Camp di scienzattiva (www.scienzattiva.it ) e uno dei responsabili, dopo aver lavorato una settimana con i ragazzi, fa un discorso a tutti i genitori, che suona più o meno così: “si usa spesso la metafora delle frecce per descrivere i figli…ma alcuni di voi queste frecce le tengono ancora nella faretra o le scoccano troppo vicino!!Avete dei figli intelligenti, curiosi, capaci..lasciateli sperimentare..”
2- Ascolto il racconto di una persona riferito ad un esimio pediatra, che di fronte ad una mamma un po’ insistente che chiedeva, fra vari sport molto elitari, quale fosse il più adatto a suo figlio, le consigliò (e glielo mise anche per iscritto) “SPORT DA CORTILE”
Questi due episodi hanno a che fare con lo stesso argomento: quanto lasciamo liberi i nostri figli di sperimentare? Dove si situa il confine tra l’incoscienza e il lasciar sperimentare, o fra la protezione e il controllo?
Ci sono alcune cose da tenere presenti. Ogni comunicazione che facciamo ai nostri figli, contiene anche una comunicazione sottesa, un doppio livello. Se diciamo “ ti aiuto io”, stiamo ANCHE sottintendendo “tu da solo non sei capace”.
Ogni volta che ci sostituiamo ai nostri figli in qualcosa che sarebbero in grado di fare da soli, gli “rubiamo” un pezzettino di autostima perché non consentiamo loro di auto-esperirsi come efficaci.
Ovviamente prendersi cura di un figlio è un compito complesso, poiché richiede un buon adattamento tra stadio evolutivo del bambino e ambiente, tra esigenze del bambino e opportunità offerte dal contesto…non è certo sufficiente pensare di lasciar sperimentare TUTTO..occorre un sforzo non indifferente per capire CHI E’ il bambino che abbiamo davanti, e cosa realmente è in grado di fare, per proporgli dei compiti che siano sfide accessibili e realisticamente affrontabili.
Se mettiamo l’asticella troppo in alto, esponiamo il bambino ad una continua frustrazione.
Se mettiamo l’asticella troppo in basso, “prendiamo in giro” il bambino e sottostimiamo le sue capacità, il che porterà, alla lunga, ad una distorsione cognitiva da parte del bambino stesso: anche lui inizierà a sviluppare un’autovalutazione negativa, giudizi severi verso se stesso, continui dubbi sulla propria efficacia, sentimenti di inferiorità.
Ma perché questo accade?
Ci sono genitori che mostrano uno stile di accadimento chiamato ipercoinvolgimento/protettivo (over-involved/protective) ..si tratta di una modalità di relazione invasiva ed ansiosa che non permette al bambino di affrontare le sfide naturali della vita e impedisce lo sviluppo delle abilità di gestione delle difficoltà.
Sono genitori che magari sono ansiosi o perfezionisti in maniera mal adattiva..può succedere, magari a loro volta hanno avuto genitori iperprotettivi o controllanti e non si rendono conto di applicare uno stile analogo.
Pensiamo ad una mamma che continuamente dice al proprio bimbo “Non fare quello che ti fai male!Fermo! Lascia stare, faccio io.. attento che cadi! “ e così via….
Che cos’ è più importante, per un bambino? IL NON CADERE MAI (il che è impossibile, fra l’altro, è solo una piccola fantasia onnipotente che culliamo noi madri, che i nostri piccoli non si facciano mai nemmeno un graffio), oppure L’IMPARARE COME SI FA A NON CADERE?
Se noi togliamo tutti gli spigoli, mettimo via i ninnoli, scotchamo i cassetti, come potrà imparare il piccoletto a non pinzarcisi dentro le dita?
(Ovvio, non vi sto dicendo di lasciare la cristalleria di Boemia su un ripiano accessibile ad un infante di un anno).
Ma poi, siete proprio sicuri che i bambini NON SIANO CAPACI a fare qualcosa, solo perché voi credete che non lo siano? Sicuri sicuri?
Ho visto un video di bambini svedesi di scuola materna che utilizzavano martello e chiodi. Ve lo giuro. Chiodi veri, appuntiti, martelli veri. Li utilizzavano con competenza e scioltezza, mentre noi ancora un po’ e non gli diamo nemmeno le forchette per mangiare.
Ma ripeto, non soffermiamoci solo su un aspetto EDUCATIVO, affrontiamo il lato psicologico…
Un bambino cui viene data la possibilità di sperimentare, viene implicitamente ritenuto dal genitore IN GRADO di affrontare quel compito, e questo genera in lui un positivo senso di autoefficacia. Se sbaglia, riproverà, ma non si sente un inetto o un incapace.
Le frustrazioni sono NECESSARIE, generano spinte positive, voglia di trovare modi per superarle…se togliamo spigoli, frustrazioni, momenti di noia o vuoto, cosa faranno i nostri figli alla prima difficoltà vera? (Ah già, sempre per quella fantasia carina di prima, voi volete pensare che non avranno mai alcuna vera difficoltà).
Se fate sistematicamente i compiti con loro (ne parleremo di nuovo più avanti), cosa faranno in classe durante le verifiche, quando voi non ci sarete? (A meno che non optiate per la modalità Boncompagni & auricolare)..
Se in sala d’attesa dal dottore (o dalla psicologa…) gli porgete il tablet o il cellulare al primo minuto, cosa faranno quando prima o poi dovranno ATTENDERE E BASTA? (La fidanzata, una notizia importante l’appello ad un esame, ecc)..
Se gli togliete la noia perché anche a voi viene un po’ di horror vacui, ed il loro tempo libero è tutto organizzato e pianificato, non pensate che magari poi non la sapranno tollerare ed andranno in giro a cercarsi qualche emozione forte?
E allora un po’ di coraggio, guardiamo in questa faretra, abbiamo frecce scintillanti fatte per volare alte, lasciamole scoccare, lo dice pure Gibran “L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito”,dice “INFINITO”, mica dice “a portata di mano”…..
Lo so, fa paura, non crediate che io non lo sappia, sono una mamma ansiosa come voi, vivo nel 2013 e per avere un pomeriggio LIBERO con i miei figli ho dovuto lottare.. (non so perché ma automaticamente i pomeriggi si riempivano di impegni da soli, forse a causa di una legge disentropica inspiegabile), ma continuerò a difendere questo spazio e a cercare come un salmone di risalire la corrente del troppo pieno, perché sono convinta che i figli abbiano diritto al vuoto, allo sperimentare da soli, al cortile, alle ginocchia sbucciate e a tutti gli spigoli della vita, piccoli e grandi.
Sono pienamente d’accordo dottoressa che teniamo troppo i nostri figli “sotto una campana di vetro”, vogliamo proteggerli e non vedere mai i loro occhietti tristi per una delusione, per un no che li fà arrabbiare. Ma mi rendo conto che non li aiutiamo a formare il carattere pronto ad affrontare le inevitabili delusioni della vita, non li aiutiamo nell’aspettativa e nella pazienza, e diventa un vortice, quando vogliono una cosa deve essere subito, diventano prepotenti perchè pretendono! Insomma non è davvero facile……ma forse qualche no in più è per il loro bene. Incitarli a usare prima le loro forze…grazie di questi articoli, sono davvero interessanti e aiutano noi genitori a riflettere!